Parole libere, parole proibite. Censura e libertà di parola e di stampa nel vicariato di scarperia in età lorenese

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Parole libere, parole proibite. Censura e libertà di parola e di stampa nel vicariato di scarperia in età lorenese, Festa della Toscana 2022

Stampato da Studio Noferini nel 2023

Autori: Giuseppina Carla Romby, Francesco Calamai

Copertina flessibile, 31 pagine a colori

Categoria:

Descrizione

Con la pubblicazione “Parole libere, parole proibite. Censura e libertà di parola e di stampa nel vicariato di scarperia in età lorenese” si sono esposte le dinamiche relative l’affermazione della libertà di opinione e stampa nel Vicariato di Scarperia in epoca pietroleopoldina, attraverso l’analisi dei testi presenti nell’archivio storico del paese.

La pubblicazione ha affrontato il tema di come fin dai primi decenni del XVIII secolo la questione  della censura nel Granducato di Toscana abbia investito il  rapporto fra stato e chiesa e di come, con l’insediamento dei Lorena, il problema  crebbe di importanza  stante  la significativa  azione  riformatrice volta a  tutelare l’autonomia  dello stato   e l’indipendenza  dalle istituzioni  ecclesiastiche. Infatti, l’opera di  Francesco Stefano d’Asburgo Lorena per abolire la censura  e la libertà di stampa si scontrò  con le competenze fino ad allora esercitate  dal Tribunale dell’Inquisizione  che poneva il veto  sulle pubblicazioni e su tutte le forme di comunicazione  ritenute  contrarie  alla morale pubblica. Nel quadro del nuovo governo lorenese il Consiglio di Reggenza si pose subito   come garante della libertà di stampa e la revisione dei testi veniva affidata al Segretario del Regio Diritto, persona esperta  in affari giurisdizionali  e sollecita a  proibire opere  che  divulgassero massime contrarie  agli interessi dello stato mentre le autorità ecclesiastiche  dovevano limitare  il loro esame  solo all’ambito  religioso. Il ministro Richecourt indicava nella sola Reggenza l’ente che  poteva dare  il permesso  per ogni nuova stamperia  che si aprisse  nel granducato. Il granduca  Francesco Stefano  approvando  la proposta di  Richecourt  promulgava   la legge  del 28 marzo  1743  con cui lo stato  era  il garante  del buon costume  e della espressione pubblica  delle opinioni   e l’ingerenza della chiesa era limitata  alla materia teologica  a ai dogmi della fede. A seguito della legge si ebbe un acutizzarsi  del conflitto fra  stato e chiesa risolto finalmente nel 1754  con  la decisa separazione tra gli ambiti  che verrà portata avanti dall’azione riformatrice di   Pietro Leopoldo d’Asburgo Lorena.

Ciò può trovare conferma nell’esame degli atti dell’archivio di Scarperia, da cui sono stati estrapolati processi giudiziari in cui l’espressione del proprio pensiero ed il libero uso della parola iniziano a farsi strada. Questi i temi della pubblicazione in oggetto.

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